giovedì, Ottobre 3, 2024

La malattia di Alzheimer

alois-alzheimerAlois Alzheimer (1864-1915)

E’ il neurologo tedesco che ha dato il suo nome alla malattia, essendo stato il primo a rendersi conto che il caso, da lui osservato e presentato nel 1906 al Congresso di Tubinga, non rientrava nella nosografia ufficiale delle demenze allora conosciute.

La Malattia
La demenza di Alzheimer è una malattia cronico-degenerativa caratterizzata da una lenta e progressiva degenerazione neuronale che compromette le capacità cognitive e funzionali del malato. Questa patologia, altamente invalidante ed in continuo aumento, a causa del fenomeno dell’invecchiamento della popolazione, rappresenta una delle più significative “emergenze” che i sistemi socio-sanitari si trovano ad affrontare da alcuni anni per l’impatto che ha sui servizi assistenziali e sulle famiglie.

I dati relativi alla prevalenza della demenza riportati negli studi condotti in diversi paesi industrializzati, indicano tassi abbastanza comparabili, che oscillano intorno al 5% nei soggetti con età superiore ai 65 anni. La prevalenza specifica per classi di età è intorno all’1% nei soggetti di età compresa tra i 65 e 69 anni e raddoppiando approssimativamente ogni 5 anni di età, arriva ad oltre il 30% nel gruppo di età compresa tra gli 85 e 89 anni. In Italia, secondo lo studio ILSA del CNR la demenza interessa il 6,4% delle persone oltre i 65 anni, il 7,2% delle donne, il 5,6% degli uomini.
La malattia di Alzheimer rappresenta circa il 60% di tutte le forme di demenza.
Inoltre il tasso di incidenza annuale è stimato in circa l’1% nei soggetti di età superiore ai 65 anni.
Riportando tale dato sulla popolazione della regione Lazio, si può desumere una incidenza di circa 8.600 nuovi casi/anno. La stima di prevalenza della demenza è in Italia di 600.000 malati, 40.000 nella Provincia di Roma.
La principale fonte di supporto assistenziale, anche secondo l’ultima indagine CENSIS (2006), proviene dalla famiglia, che si fa carico dell’assistenza e della supervisione del malato, mettendo a rischio la propria salute psico-fisica.
L’elevato numero di persone affette da demenza e la previsione di un progressivo aumento numerico di tale patologia nei prossimi anni, a causa del fenomeno d’invecchiamento della popolazione, suggeriscono di definire in modo specifico le caratteristiche di una necessaria e sufficiente rete di servizi relativa ai bisogni di tali malati.
Progettare ed approntare servizi di assistenza per il malato e la famiglia ed intervenire con approcci terapeutici non solo farmacologici, rappresentano attualmente le uniche possibilità per assicurare al paziente ed alla famiglia una qualità di vita accettabile e dignitosa.
La malattia prende il nome da Alois Alzheimer (1864-1915), neurologo tedesco il primo a rendersi conto che il caso, da lui osservato e presentato nel 1906 al Congresso di Tubinga, rappresentava una forma allora sconosciuta alla nosografia ufficiale. Nella grande maggioranza dei casi è una malattia sporadica, cioè non è a carattere genetico. Inizia in maniera subdola e insidiosa, tanto che spesso nemmeno i familiari se ne accorgono.

L’evoluzione della malattia può essere suddivisa, con molta approssimazione, in tre fasi:

La prima fase è caratterizzata da perdita di memoria e da progressiva incapacità di imparare nuovi concetti o nuove tecniche. Possono insorgere ansia e depressione, secondarie ai fallimenti e alle difficoltà che il malato incontra nel far fronte a situazioni usuali. Si notano modificazioni del carattere e della personalità, difficoltà nei rapporti con il mondo esterno, diminuzione delle capacità percettive visuo-spaziali, incertezza nei calcoli e nei ragionamenti che richiedono giudizio logico.

La seconda fase è caratterizzata dal peggioramento delle difficoltà già presenti, dalla perdita di gestualità finalizzata (aprassia), del riconoscimento di luoghi e persone (agnosia). Di conseguenza le azioni della vita quotidiana diventano problematiche e la progressiva perdita di memoria (amnesia) crea situazioni di pericolo (perdersi per strada, lasciare il gas acceso, ecc.), rendendo il malato perennemente insicuro e a volte confuso. Presto sono perdute anche le capacità di leggere e di scrivere (alessia, agrafia). I disturbi del linguaggio (afasia) e il peggioramento delle capacità visuo-spaziali, ma soprattutto l’insorgenza di disturbi comportamentali (agitazione, aggressività, apatia, inversione sonno-veglia, ecc.) rendono difficili anche i rapporti con i congiunti, con un deteriorarsi globale della qualità di vita di tutta la famiglia.

La terza fase è caratterizzata dalla perdita completa dell’autosufficenza. Compaiono difficoltà nel camminare, rigidità degli arti, incontinenza; le espressioni verbali sono quasi ridotte a ripetizione di parole dette da altri, o a suoni continui o addirittura vi é mutismo. Spesso il malato si riduce in sedia a rotelle o è allettato.

Il tentativo di identificare tappe sequenziali nello sviluppo della malattia nasce dalla necessità del malato di Alzheimer di avere una diagnosi accurata e una precisa stadiazione di malattia, poiché a fasi diverse corrispondono bisogni e carichi assistenziali differenti. E’ necessario anche verificare l’efficacia di terapie farmacologiche e non farmacologiche durante il decorso, poiché è dimostrato che alcuni farmaci, una buona assistenza, la riattivazione e la cura delle malattie concomitanti sono in grado di rallentare la durata del processo e migliorare la qualità di vita di tutto il nucleo familiare.

fonte: Alzheimer Uniti Roma ONLUS