Servizio Civile: l’esperienza di Tonia nel progetto “Caffè Alzheimer – il Centro”
Il Servizio Civile? Un anno per cambiare!
Quando l’anno scorso ho pensato di impegnarmi in un progetto di Servizio Civile, pensai che di sicuro volevo essere d’aiuto alle persone anziane. La verità è che con gli anziani mi ci sono sempre trovata a mio agio, ma la motivazione vera e profonda che mi ha spinto a cercare in questa direzione è stata la mia esperienza personale a contatto con una nonna che aveva l’Alzheimer.
Ero spaventata dall’idea di ritrovarmi a contatto con persone con patologie neurodegenerative come quella di mia nonna perché gli anni che ho vissuto accanto a lei non sono stati per niente facili: non sapevo come approcciarmi a lei, la guardavo come una persona malata e non accettavo i suoi comportamenti, le sue “dimenticanze”.
Per la nonna io ero diventata mille persone: non ero più Tonia, sua nipote. Una volta Maria, ‘a guagliona, ‘a ricciulella. Capivo che di me aveva un ricordo confuso e ancora adesso mi chiedo chi erano le mille persone con cui mi confondeva. Mi arrabbiavo per questo.
A ventisette anni, dopo sei anni da quando la nonna non c’è più, scegliere di provare a partecipare al progetto “Caffè Alzheimer – il Centro”, che si occupa proprio di anziani con demenza, è stato molto difficile per me ma ero decisa a voler capire di più.
Inizialmente pensavo di incontrare utenti con gravi patologie, incontrollabili, aggressivi, non disposti a collaborare con me e i miei colleghi. Ancor di più credevo di ritrovarmi nel peggiore dei casi difronte a dei gusci vuoti, nei quali non restavano altro che ricordi sfocati e volti sbiaditi. Questo è quello che pensavo, che la mia esperienza personale mi ha portato a pensare.
Era febbraio 2018, quando ho incontrato per la prima volta i nostri ospiti, dopo un momentaneo senso di smarrimento, mi sono ritrovata in una situazione completamente diversa da quella che mi ero immaginata.
La società ci porta a pensare che se non puoi essere di aiuto o se non ricordi come si fanno le cose più semplici sei una persona finita. Ma queste persone, non erano persone finite, erano persone che avevano, ed hanno, tantissimo da dare. Mi sono ritrovata in un’ottica completamente diversa dalla mia.
Abbiamo creato insieme a loro una famiglia, e per loro io sono diventata: “la nipote… altra”, “la ciaciona”, “la compaesana”, mentre loro sono diventati “i miei vecchietti”. La cosa che mi piace di più è che quando stiamo insieme, anche se la giornata è pesante, se siamo stanchi o stressati non smettiamo mai di ridere. Questa è la cosa principale, che non ci sentiamo costretti a fare niente, prendiamo ciò che viene con allegria, come una sfida personale.
Durante il servizio civile mi sono resa conto che sono le piccole cose che rendono speciale la vita: basta un sorriso o un buongiorno per far felice una persona.
Durante questo servizio civile si è creata una sorta di routine, mi piace aspettarli sulla soglia ricevere un sorriso, un abbraccio e un buongiorno che in quel momento sono solo per me, sono cose che migliorano la giornata.
Attraverso il lavoro svolto mi è stata data la possibilità di mettermi in gioco e così imparare a conoscermi.
Ho scoperto di essere in grado di fare tante cose che in passato non avrei nemmeno provato a fare. Inizialmente chiedevo conferma per tutte le cose che dovevo fare, mentre ora mi sento molto più sicura.